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Inaugurata la mostra fotografica di Ugo Lucio Borga


"La Cgil è sempre stata attenta al tema delle politiche di genere e della lotta alla violenza sulle donne". Esordisce così Vilma Gaillard, segretaria generale regionale: "Il nostro sindacato ha una ricca storie di donne. 116 anni della nostra fondazione caratterizzati anche dalle prime organizzazioni delle lavoratrici negli anni del fascismo e del dopoguerra. Anni di lotte e mobilitazioni che hanno visto impegnate categorie storiche come le mondine, le tabacchine e le tessili, e che hanno segnato la nascita di importanti soggetti che esprimevano l’articolazione della rappresentanza sindacale come le lavoratrici a domicilio e le pensionate. Il salone della Cgil è una zona dove mediamente passano dalle 200 alle 300 persone al giorno e la mostra permetterà alle persone che si fermano qui, in attesa del proprio turno per usufruire dei servizi, osservare queste fotografie e riflettere sul messaggio che trasmettono".

Quindi perché le donne nel mondo e perché non le donne in Italia. Perché scegliere un tema che potrebbe essere considerato estraneo nella nostra realtà.

Il perché di questa esposizione fotografica viene declinato nei dettagli da Simona D'Agostino ( delega Pari Opportunità Cgil), intervenuta nella conferenza stampa di presentazione della mostra di Ugo Lucio Borga: "Abbiamo voluto questa mostra in occasione del 25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che quest'anno per le iniziative regionali ha come tema conduttore il corpo delle donne, per sensibilizzare a 360°. Spesso queste giornate sono effimere celebrazioni, a volte anche troppo istituzionalizzate, che sembrano chiudersi nell’éspace d'un matin. La mostra organizzata in un luogo accessibile come la Cgil ha il vantaggio di essere osservata da chiunque entri, sperando che induca a una riflessione profonda su che cose significhi essere donna in certi luoghi del mondo e anche da noi, perché come dirò più avanti, i due mondi non sono scollegati.

Quindi perché le donne nel mondo e perché non le donne in Italia perché scegliere un tema che potrebbe essere considerato estraneo nella nostra realtà.

Perché siamo convinte e convinti che non si possa parlare di uguaglianza di genere solo dalla nostra posizione comoda e, per quanto questo fenomeno sia massicciamente presente e sempre in aumento, abbiamo strumenti diversi per gestirlo e per educare alla parità di genere a partire dalla scuola per esempio, ma le debolezze rimangono e, con occhio attento, si può osservare che le situazioni irrisolte sulla parità di genere da noi significa in modo più amplificato situazioni di diseguaglianze in molte parti del mondo. Quindi, finché tralasciamo che in molte parti del mondo con cui l'Europa intrattiene anche rapporti di diverso genere, i diritti delle donne non esistono e che si continui e violare diritti umani di cui le donne sono le principali vittime, difficilmente riusciremo a sradicare l'idea della donne fragili su cui sfogare odio e frustrazioni anche nei nostri paesi considerati istruiti e sviluppati, proprio perché la violenza sulle donne è la manifestazione dei rapporti di forza storicamente ineguali tra nomini e donne.

Ma quando ci sono guerre il dato si fa più drammatico, le donne sono le vittime più semplici, sono vittime per diversi aspetti, ma soprattutto violazioni del corpo, violenze e abusi sessuali, percosse ecc… le aggressioni sessuali sono una tattica di guerra che coinvolgono la famiglia, il paese, il mondo intorno a loro fino all’esclusione dal gruppo sociale, quello di vittime sembra essere l’unico ruolo delle donne in guerra, ma le donne vogliono e devono capovolgere questo paradigma non più solo vittime, ma anche quelle che ce l’hanno fatta, costruttrici attive della società.

Infatti le donne hanno dimostrato sempre di essere capaci di resistere lo hanno dimostrato nei due conflitti mondiali: nella prima guerra mondiale la donna, oltre a essere impiegata nello sforzo bellico con uno sfruttamento lavorativo senza eguali, ha resistito per mantenere le famiglie, è stata protagonista degli scioperi per il carovita, nel secondo conflitto ha resistito partecipando attivamente alla lotta partigiana, esponendo se stessa al pericolo in quanto donna e non solo partigiana (anche di reputazione) ma ha resistito anche ai bombardamenti nelle città, nel nascondere ricercati partigiani e ebrei, ha resistito nei campi di concentramento.

Oggi le donne iraniane resistono a costo della loro vita, le donne di Kobane, le donne di Kabul, ma se noi non le ricordiamo e non ricordiamo che in questa giornata dobbiamo sottolineare che il gap di presenza femminile e maschile nelle missioni di pace, nelle forze di sicurezza nella diplomazia internazionale è ancora troppo alto, se non sottolineiamo che se la metà della popolazione non partecipa alla risoluzione dei conflitti e non si crea una massa critica femminile aumentando la rappresentanza delle donne a tutti i livelli decisionali nelle operazioni di mantenimento della pace, in questo senso progressi se ne faranno pochi. La presenza della donne in missioni di peace keeping (UE tra il 10 e il 16%) è importante per due motivi uno per non lasciare i processi di pace solo agli uomini, due perché sono modelli per altre donne.

Ecco dunque che chiudiamo il cerchio ricordando le donne vittime di guerra significa ricordare anche le nostre responsabilità come cittadine dell’UE in cui una legislazione per implementare la presenza femminile nelle missioni di pace e nelle attività diplomatiche esiste, ma bisogna metterla in pratica. Noi abbiamo una grande responsabilità all’interno e all’esterno nella lotta contro la violenza contro le donne e le vie sono tracciate, basta solo lottare per solcarle: maggiore partecipazione femminile ai vertici decisionali e portare istruzione ed educazione all’uguaglianza di genere sia nei nostri contesti sia nei paesi in cui la donna non esiste in quanto cittadina". 




Articolo del 23/11/2022

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